#fuoridalleuro sì, ma per andare dove?
Il problema principale nel discutere di euro sono le paure, le fobie viscerali che gli italiani hanno quando pensano di dover abbandonare alcuni pezzi di carta colorati su cui sono impressi dei numeri.
Tuttavia nessuno pensa minimamente al prezzo che dovremo pagare per restare nell’euro, e quante conquiste sociali (che i nostri antenati hanno ottenuto versando sangue) abbiamo sacrificato e sacrificheremo per tenere su un castello di carta che è ad esclusivo vantaggio di una piccolissima élite e dei grandi importatori.
Tanto per cominciare l’euro obbliga gli Stati a poter fare un deficit massimo del 3% (rispetto al PIL).
Ma questo è un modo di ragionare anti-economico e completamente illogico. Pensiamo a un imprenditore privato: quanto deficit o quanto debito può fare in un anno? Farà il debito che servirà a finanziare l’investimento. Sarà la scelta dell’investimento l’azione da valutare, non tanto il costo necessario a tale investimento. Se il ritorno atteso è tale che in pochi anni il debito verrà comunque ripagato, nessuno sano di mente si fermerebbe a causa di un indebitamento maggiore del 3% rispetto al fatturato dell’anno in corso (una sorta di equivalente del PIL per lo Stato). Ecco, lo Stato invece si dovrebbe fermare perché è “immorale” sforare il 3%….!
( Tra l’altro, coefficiente scelto da Mitterand senza un preciso riferimento economico ma perchè ‘suonava bene’ e gli ricordava la SS. Trinità, come riferito da Guy Abeille, ex funzionario della direzione del Bilancio del suo governo….! )
Altro problema non del tutto irrilevante è la totale mancanza di controllo sul proprio debito pubblico. Uno Stato Sovrano ha una banca centrale che si preoccupa, tra le altre cose, di mantenere sotto controllo il costo del debito intervenendo direttamente alla aste (come fa la Germania tramite la Kfw) e “garantendo” la restituzione del debito. E come si garantisce il debito? Ma nello stesso modo con cui si diminuisce, se si vuole: stampando denaro e comprando il debito stesso. Nell’euro invece il meccanismo prevede che la BCE possa erogare denaro esclusivamente alle banche (attualmente il tasso del rifinanziamento ordinario è lo 0,015%) che acquisteranno poi i titoli del debito pubblico (a tassi medi del 3% circa). Lo Stato si trova quindi in posizione di debolezza di fronte ai mercati, che sanno benissimo che quest’ultimo deve approvvigionarsi per TOT euro al mese, quindi il tasso d’interesse lo stabiliscono loro.
Se invece, come era in Italia fino al Divorzio Tesoro-Bankitalia del 1981, la banca centrale intervenisse, lo Stato non sarebbe mai completamente sotto scacco da parte dei mercati, poiché avrà sempre una banca centrale in grado di fornire liquidità, se necessario, come prestatrice di ultima istanza.
La conseguenza di anche solo una di queste due misure è la seguente: l’impossibilità da parte dello Stato di garantire la spesa pubblica necessaria a far ripartire l’economia e a garantire i servizi essenziali.
Pensateci bene: si comincia dicendo che lo Stato non ha più soldi ( parzialmente vero, ma solo per scelta politica però…!), si chiedono tagli ulteriori per risanare il bilancio, lo Stato non garantisce più un livello accettabile per i servizi pubblici e, infine, si chiede la privatizzazione del servizio.
E questi sono solo due piccolissimi esempi, ma che già rendono l’idea.
Ci sarebbe poi da parlare di fiscal compact, TTIP, TISA, riforma del titolo V della Costituzione, evoluzione della competitività di un sistema economico in regime di cambi fissi, ecc. Tuttavia una cosa deve essere ben chiara: non stiamo scegliendo una semplice unità di conto o “una roba tecnica”, stiamo scegliendo tra dittatura dei mercati ed uno Stato Sociale e Democratico.
Ci stanno barattando lo Stato Sociale e la Civiltà in cambio dell’euro-marco e del libero mercato a guida tedesca.
Siamo disposti a farlo?